Pentathlon e Doping

Il mondo del pentathlon moderno, nonostante sia considerato tra i più puliti per quel che riguarda il doping, ha comunque anch’esso avuto nella sua storia delle squalifiche di atleti per uso di sostanze dopanti.

Nel 1986, ai campionati del mondo maschili di Montecatini, furono numerosi gli atleti squalificati. Forse per la prima volta si era cercato veramente di combattere questa piaga dello sport.

Tra questi c’era niente di meno che il vincitore del mondiale, il fortissimo, Anatoli Starostin (Urs). Dopo due mesi, tempo necessario per controanalisi e ricorsi vari, il titolo è quindi andato a Carlo Massullo, che si era inizialmente accontentato dell’argento.

Negli juniores, che avevano gareggiato in contemporanea, furono addirittura i primi due della classifica ad essere squalificati. Dovettero rendere le medaglie conquistate sia Iliev (Bul) che Plaksin (Urs), rispettivamente 1° e 2°. L’oro andò così al francese Guilly. La squalifica del sovietico fece tra l’altro saltare anche la squadra, che si era imposta nettamente, cedendo il titolo agli ungheresi.

Nell’aprile del 1990 fu il nostro campionissimo Carlo Massullo a risultare positivo alla caffeina, sostanza permessa solo in certi limiti, in occasione della coppa del Mondo di Roma. L’azzurro dichiarò di aver esagerato con le tazzine di caffè durante la lunghissima gara di scherma. Carlo scontati i due anni di squalifica rientrò nel mondo agonistico proprio alla coppa del Mondo di Roma 1992(sempre ad aprile). Dopo qualche mese conquisterà a Barcellona ’92 il bronzo a squadre.

Da quegli anni in poi i controlli divennero più seri e costanti, nonostante spesso vivendo le competizioni ci si accorge che qualcosa non quadra. Per esempio mi è successo ai mondiali juniores 1998 di non svolgere i consueti controlli poiché il medico era in ritardo. L’organizzazione ci disse allora che non faceva niente se per una volta si evitavano le consuete analisi. Guarda caso, oltre a me, dovevano sottoporsi all’antidoping un ucraino e soprattutto un ceco, atleta di casa.

Altra situazione strana avvenne alla finale di Coppa del Mondo 2003, dove tutte le delegazioni dovevano raggiungere Atene con 2 giorni di anticipo per gli obbligatori prelievi del sangue. Russi e polacchi arrivarono invece tranquillamente la sera prima della gara e non furono controllati. Il caso volle che al termine della competizione ai primi due posti si trovavano un polacco e un russo. Come al solito la legge è uguale per quasi tutti.

Torniamo ai casi accertati. Nel 1997 la gara a staffetta dei mondiali seniores maschili fu avvincente. Il titolo andò alla Russia, il cui terzo frazionista, Svatkovsky, ebbe la meglio al fotofinish sul neostatunitense Yagorachvili. Dopo i controlli antidoping il verdetto fu invertito, fu trovato positivo il sovietico Bremel, che fece così eliminare l’intera staffetta.

L’anno dopo, nel 1998, non ci furono squalifiche ma più di qualche sospetto su un paio di atleti. Lo juniores Turkin, sempre Russo, in due occasioni diede spettacolo. Ai campionati europei di categoria tenutisi a Roma, partì nella gara di corsa in 15^ posizione. Ai 1500mt, era già secondo. Ma quando arrivò a 300mt dalla fine scoppiò letteralmente tanto da finire gli ultimi 100mt camminando da posizione accosciata, simil classica danza russa, con l’allenatore che gli gettava l’acqua in testa e gli urlava di tutto. Finì in 9^ posizione. Scena simile fu quella vista poi i mondiali, dove ebbe però la fortuna di accosciarsi solamente agli ultimi 30mt, riuscendo questa volta a conservare la seconda piazza.

Nello stesso periodo si tenevamo in Messico i mondiali seniores e lì a finire in posizione accosciata toccò al bielorusso Smirnov. Questo ultimo fece una gara di corsa strepitosa, partito leggermente dietro con metà gara aveva conquistato la leadership, superando senza alcun problema anche il francese Deleigne, indiscusso specialista della prova podistica. Primissimo a pochi metri dall’arrivo il bielorusso si accoscia e si vede quindi superato sia dal francese sopra nominato che da Yagorachvili, finendo terzo. L’incredibilità di questi tre episodi risale al fatto che siano avvenuti in un lasso di tempo di tre mesi, dopo di che nessuno ha più dato vita a situazioni simili, e all’imbarazzante scena, difficilmente immaginabile dai non presenti, di cui questi due atleti si sono resi protagonisti. C’è comunque da dire che circa Turkin, voci di corridoio lo abbiano dato positivo al controllo antidoping in un recente mondiale seniores. Nessuno sa come l’accusa sia poi decaduta dopo l’avvenuta certezza del reato.

Nel 2001 è toccato al lettone Cherkovskis a essere squalificato per due anni. Risultò, in occasione di una prova di coppa del Mondo, positivo al nandrolone, sostanza steroidea molto di moda in quel periodo (vd squalifiche di Couto e Peruzzi).

Nel 2005 ai mondiali di Varsavia l’ucraino Kravchenko, protagonista di due prove di corsa superbe, in qualifica con 8’46” rientrò nei dieci partendo 24°, fu poi beccato ad aver fatto uso di stimolanti, anche egli ha subito 2 anni di squalifica. L’ultimo caso in ordine cronologico è quello di Borkin, sempre ucraino, risultato positivo all’alcool test successivo alla gara di tiro della staffetta mondiale 2007.

Nell’ambiente si cerca sempre di tenere ben occultati o meglio di non dare risalto a questi casi di squalifiche per promuovere nel mondo l’idea del pentathlon come sport puro. In realtà come ogni disciplina agonistica ci sarà sempre chi cercherà per vincere di aiutarsi con procedure non proprio leali. Quel che è certo è che fino al 1992, con le gare in 5/4 giorni, era molto più facile doparsi. Con l’introduzione della one-day tutto si è complicato. Se per esempio prendi i calmanti (alcool o betabloccanti) per il tiro, ne paghi inesorabilmente le conseguenze a scherma. Non per essere maliziosi ma spesso dopo la prima prova gli atleti ucraini non sono neanche in grado di riconoscerti, hanno occhi rossissimi e per buona metà gara di scherma si riempiono di schiaffi in faccia al fine di svegliarsi.

Il nostro resta comunque uno sport dove si può vincere anche senza fare il minimo uso di aiuti esterni. Grazie alle prove tecniche e alla diversità dei meccanismi organici e psichici necessari, il doping non la fa da padrone come in altre discipline dove tutto si basa sulle capacità organiche. C’è poi da dire a tutti i giovani che una sola vittoria da puliti vale molto di più che cento vittorie da truffatori.

I casi di doping descritti sono quelli di cui sono venuto a conoscenza, nel caso apprendessi l’esistenza di altre situazioni analoghe sarò ben lieto di aggiornare lo scritto.

                                                                        Andrea Valentini