Sono
numerosi i casi nella storia dello sport in cui l’esito ormai scontato
di una competizione improvvisamente viene stravolto. Tutti ricorderanno la
finale di champions league ‘05 dove il Milan si è fatto rimontare tre
gol, molti si saranno emozionati vedendo Soldatino trionfare
nell’ippodromo di “febbre da cavallo”, alcuni avranno ancora in
memoria la fantastica rimonta di Gelindo Bordin a Seul ’88, pochi
ricorderanno l’ungherese Puskas, interpretato da Marco Comotto, cedere
per crampi a pochi passi dalla vittoria nello sceneggiato “momenti di
gloria”, purtroppo pochissimi avranno visto Eduard Zenovka (nella foto a
destra) perdere
l’oro olimpico ormai suo.
Forse però tra tutte le vicende sopraccitate è proprio quest’ultima
l’unica che ogni pentatleta dovrebbe assolutamente avere nella propria
videoteca privata. In quel frangente Eduard dispensò involontariamente
degli insegnamenti fondamentali per chiunque voglia fare sport ad alto
livello.
Veniamo alla cronaca. Stiamo parlando della gara di pentathlon moderno dei
giochi olimpici di Atlanta ’96. La gara di corsa vedeva partire con il
numero uno l’azzurro Toraldo che però aveva un vantaggio troppo esiguo
per sperare nella medaglia. Infatti i veri protagonisti di questa prova
furono altri quattro, di cui due controfigure: Swatkovski che tentò la
disperata rimonta ma che dovette accontentarsi di un quarto posto, si
rifarà poi a Sidney, e il magiaro Martinek, campione olimpico di
Seul, che condusse la gara per buona parte ma che cedette al ritmo
indiavolato di chi arrivava da dietro, finì terzo; e due veri
protagonisti: il titolatissimo Zenovka e l’outsider Parygin (nella foto
in alto a sinistra) .
Quest’ultimo approfittò nella prima parte di gara del ritmo fatto
dall’ungherese per poi attaccarsi al russo quando sopraggiunse da
dietro. Arrivati a 500 metri dalla fine il cazaco cominciò a perdere
terreno e ormai il destino sembrava proprio segnato. A meno di cento metri
dall’arrivo, ormai sfinito, alzò le mani al cielo per festeggiare un
comunque eccezionale argento e si apprestò a rallentare del tutto. Ma
proprio in quel momento il leader, il russo Zenovka, si girò mostrando
all’avversario un volto stravolto e al limite della sopravvivenza.
Rinacque così nella mente dell’asiatico una speranza ormai svanita e
trovò le forze per scattare, forze che invece poco dopo vennero a mancare
del tutto ad Eduard che si ritrovò ad inciampare e venne quindi superato.
I
morali della favola sono: in un finale di gara non si deve mai guardare
indietro, fino alla fine bisogna sempre crederci e soprattutto fate molta
attenzione all’outsider.
CdL
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