Un eroe del nostro tempo

Nei miei anni più verdi l’approccio con lo sport, a dispetto dell’epoca e della mia ambientazione ”campagnola”, fu abbastanza diversificato. I miei modelli ed eroi si chiamavano Gino Bartali, Zeno Colò, fratelli Mangiarotti,ma sapevo anche perfettamente chi erano Rubini e Consolini.
Quasi tutti ho avuto poi la fortuna di conoscerli e di apprezzarli più da vicino.
Approdato giovanissimo nel mondo del calcio (perché mi divertivo, non per il guadagno) ci trasportai anche i miei ideali decubertiniani e cercai, con relativo successo, di applicarli in quello sport che, all’epoca, contava ancora begli esempi di correttezza e lealtà sportiva. Non conoscevo assolutamente il pentathlon moderno, ma un giorno, mentre tornavo a casa in treno, ebbi un incontro con un con un carabiniere (più anziano di me di diversi anni), un elbano nativo di Marciana Marina reduce da una medaglia d’argento ai “mondiali” svizzeri, che m’illustrò, in quelle due ore e mezzo di viaggio,che cos’era il pentathlon moderno. Ne rimasi colpito. Poi, a Firenze, ci separammo e di lui non mi ricordai il nome se non molto tempo dopo, quando ormai avevo attaccato le scarpette al chiodo e abbandonata la mia brevissima carriera d’allenatore (in entrambi i casi direi quasi per disgusto). Grazie ai Giochi della Gioventù ed alla mia professione d’insegnante potei così entrare anch’io nel piccolo mondo del pentathlon ed incontrare nuovamente quel carabiniere che ora era universalmente (e affettuosamente) chiamato il Maestro ( Duilio Brignetti n.d.r.). Nuova esperienza e tanto entusiasmo per me, tanti ragazzi, atleti adolescenti e poi maturi campioni che da allora mi sono passati sotto gli occhi. Ma tra di loro c’è qualcuno che merita un riconoscimento particolare? C’è qualcuno che possa essere confrontato con gli eroi del passato? Ce ne sono stati diversi, ma oggi mi soffermo su di uno che rappresenta per me l’essenza dello spirito sportivo, la cui carriera non ha avuto squilli di tromba, non gratificazioni olimpiche, ma che ha sempre gareggiato indipendentemente dal proprio successo, felice di partecipare, impegnandosi in un confronto, con gli altri e con se stesso, indipendentemente dal pubblico che lo circonda e dal luogo della contesa. Io,Gianni Caldarone, l’ho conosciuto quando era un ragazzino, l’ho visto crescere, diventare un uomo ed un padre,  e l’ho visto sempre come un atleta puro,con i suoi umani difetti e con i suoi pregi, sul campo gara sempre corretto ed impegnato. Detto questo, sono sicuro che non me ne vorrà se ricordo due brevi episodi della sua vita sportiva che lui  ricorda bene, ma che altri probabilmente non conoscono.
Estate 1984;  si disputa a Prato una delle prime gare internazionali destinate ai giovani da me organizzate. Ho ottenuto dalla direzione del Convitto Nazionale Cicognini la possibilità  di ospitare gli atleti maschi nei severi alloggi del cinquecentesco edificio; si tratta di camerette rigidamente singole allineate su lunghi corridoi del terzo piano. Gianni vuole chiacchierare col suo amico Pelati ma le rigide disposizioni del collegio esigono un letto soltanto. Che cosa fa Gianni? Si carica sulle spalle il proprio materasso, scavalca la finestra, cammina sul cornicione (25 metri come minimo da terra) e raggiunge ”via esterna” l’alloggio dell’amico. Quando lo si è saputo mi sono venuti i brividi!

Primavera 1988, Gianni è cresciuto ed è uno dei più forti juniores. Si disputa il campionato di categoria a Montelibretti. Nella prova finale di corsa, in testa, irraggiungibile, c’è Alati, poi Gaggini, che io ho preparato scrupolosamente per quella gara, Gianni ed il suo amico Pelati, che agganciano il fiorentino a metà gara e, sapendo che per Simone quella non è proprio la sua specialità, si sentono già sul podio. Ma questa volta hanno calcolato male, perché l’atleta della Delta reagisce, riagguanta Gianni, fa  corsa con lui fino agli ultimi metri e lo batte sul traguardo.

Chi fu il primo a stringere la mano a Simone ed a congratularsi con lui? Gianni Caldarone. Ed oggi quando vedo  nelle classifiche dei senior quel nome lì sorrido e penso”ecco un eroe dei nostri tempi”. 

Alessandro Pratesi