Nel
1997 si tenevano a Banska Bystrica i Mondiali juniores.
In
quell’occasione Pierluigi Pantini, da tutti meglio conosciuto come
“Neuro”, insieme al sottoscritto Andrea Valentini subimmo una pessima
sorpresa. Prima di descrivere i fatti tengo a sottolineare che, ancora
juniores, eravamo negli anni dell’esplosione ormonale. Questo per far
meglio comprendere l’importanza che in queste trasferte aveva la festa
finale.
Entrambi
avevamo gareggiato nella gara tradizionale e, finita questa, per noi gli
impegni agonistici erano conclusi. Cominciava la pazza gioia. In realtà
bisognava aspettare almeno la conclusione della gara femminile per poter
organizzare una serata discreta. Ma il vero super party sarebbe stato
all’ultima sera.
Finite
le nostre gare, nella giornata seguente seguimmo la staffetta femminile e
ci divertimmo nelle susseguenti ore notturne per quel che si poteva. In
quella notte dormimmo ben poco, ma all’alba eravamo già in piedi per
seguire i nostri compagni impegnati nella staffetta maschile.
Fin da
subito studiammo un piano d’azione per riuscire a recuperare le giuste
energie in vista del tanto atteso super party finale. La strategia era
semplice: dovevamo sfruttare il discreto intervallo di tempo tra la fine
dell’equitazione e la prova di corsa che, tra l’altro, si teneva
proprio sotto l’hotel in cui eravamo alloggiati.
Rispettammo il
programma in pieno. All’ora prevista stavamo già sdraiati sui letti in
camera nostra, in preda al sonno. Qui si complicò però la storia. La
stanchezza era tale che nessuno dei due sentì la sveglia. Quando aprimmo
gli occhi, ci furono panico e speranza mischiati insieme. Eravamo
coscienti di quanto caro ci sarebbe potuto costare questo errore. Sapevamo
che era tardi, ma alla televisione stavano dando le immagini della gara di
corsa come se fosse in diretta, il che ci fece pensare di avere un certo
margine di tempo a disposizione per riparare il danno.
In un attimo fu
chiaro il da farsi. Scendere velocissimamente e nascondersi nella folla,
dichiarando fino alla morte di aver tifato lungo il percorso durante tutta
la gara. Uscimmo dalla camera come fulmini. Sapevamo di potercela fare.
L’ascensore arriva subito. È un segno del destino. Entriamo e si scende
al piano terra. Ci guardiamo fiduciosi pronti a correre come matti per
prendere le postazioni predefinite. La porta dell’ascensore si apre. Lo
sprint è già lanciato. Ma invece di avere strada libera ci troviamo di
fronte Carlo Massullo e di Luigi Filipponi, CT e Coordinatore della
Nazionale juniores maschile.
Non dissero una parola, ma l’indice del
primo parlava da sé, indicando una direzione inversa a quella intrapresa,
cioè la via per tornare in stanza.
Una
volta chiusi in camera il nostro destino terribile ci venne svelato. La
festa finale non sarebbe stato più affar nostro.
Rimanemmo "segregati" lì dentro fino alla mattina seguente, quando una volta liberati
dovemmo sorbire i racconti di coloro che al party ci andarono.
CdL
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