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Molti
si definiscono sportivi, tanti sono gli atleti, pochissimi sono quelli
disabili, alcuni posso chiamarsi pentatleti, pochi diventano olimpionici,
rarissimi sono i medagliati e poi ci sono coloro che dirigono lo sport. Tutte
queste figure insieme sono riconducibili a una persona, e forse ad una
sola, Luca Pancalli. Classe
1964, inizia a metà degli ’70 a praticare il pentathlon nella gloriosa
De Gregorio (Roma). Nella ctg esordienti coglie subito un primo podio, con
un bronzo nel ’78. Passato
nella ctg ragazzi, nel primo anno paga un’ involuzione nella corsa,
restando comunque nelle zone alte della classifica grazie soprattutto
all’ottimo tiro. Nel 1980 risistemata la disciplina podistica, grazie al
tecnico Gianfranco Timpano, ritorna a essere atleta da podio. Nel
1981 diventa allievo. Proprio in questo anno si comincia a sperimentare
l’equitazione anche in questa categoria. Dal 1982 sarà poi
ufficialmente inserita. Grazie
agli ottimi risultati guadagna la maglia azzurra e, a giugno 1981, viene
convocato per un meeting giovanile in Austria (Wienerneustadt), in
compagnia di Quaglieri, Toraldo e Moretti. Si tratta della prima volta
internazionale degli allievi sulle 5 prove. La
competizione si apre proprio con la prova di equitazione, come previsto
dall’allora sequenza, e Luca si accinge così alla propria seconda gara
in questa disciplina. La prima, al criterium nazionale, era andata
benissimo grazie a un sorteggio molto favorevole. La
sorte gli riserva Condor. Come egli stesso ci racconta, al momento del
sorteggio erano rimaste due palline. Prende la prima, ma poi prima di
estrarre la mano dal contenitore, la cambia con l’altra. Nelle
prime due manche Condor disarciona entrambi i cavalieri. Luca, ancora non
padrone della disciplina, inizia a intimorirsi. Nel
campo prova il timore diventa panico a causa delle ripetute disobbedienze.
L’azzurro manifesta chiaramente il desiderio di cambiare cavallo. Entrato
comunque in campo gara inizia la propria prova. Subito
sull’ostacolo numero 1 c’è uno scarto a sx. Ritorna e da qui cambia
tutto. Inizia una lunga serie di salti perfetti, tanto che Luca inizia a
gasarsi al pensiero di aver domato un diavolo. Giunto però al numero 10,
la gabbia, è il momento del secondo scarto con seguente perdita di una
staffa. Disequilibrato decide di togliere anche l’altra. Torna sulla
gabbia e la supera, poi va sull’11. Al momento dello stacco Condor
rifiuta e Luca vola oltre l’ostacolo. Il cavallo non riuscendo però a
frenare completamente si trova costretto a saltare comunque e lo fa
inciampando sulle barriere. Il destino a questo punto prende forma e la
dinamica dei fatti lo dimostra. Condor
va a cadere con tutto il suo peso proprio sopra a Luca, il quale si
trovava sdraiato prono con il cap, che gli era finito tra collo e spalla.
Proprio questo ultimo gli fa da perno e il peso di Condor gli spezza
inesorabilmente la colonna vertebrale all’altezza del collo. Subito
ci si rende conto della situazione, e purtroppo Luca avrà tanto tanto
tempo per comprenderne ancor più la gravità. Ricoverato
sul luogo, resterà in Austria per ben 10 mesi. Dopo infatti tre mesi di
immobilità, inizia la lenta e complicata riabilitazione proprio in terra
austriaca, a causa dell’assenza di strutture adeguate nella penisola. Pancalli
si trova così a passare da un futuro da atleta già scritto, con la
certezza della nazionale e quella di entrare nei Carabinieri, a una vita
tutta da ridisegnare. Anche se allora il solo disegnare sembrava un sogno. Infatti
Luca aveva perso tutto, compreso l’utilizzo degli arti e di tutti i
muscoli dal collo in giù. Stranezze
della vita, ci racconta che proprio due giorni prima di partire per la
gara in questione, aveva incontrato all’Acquacetosa i primi atleti
disabili (nasceva infatti proprio in questi anni lo sport paralimpico). Dapprima
ironico, come stupidamente viene da essere a tutti i normodotati, si
ritrova poi negli spogliatoi a voler provare alcuni semplici movimenti
senza l’utilizzo di alcune parti del corpo, rendendosi conto delle
difficoltà che queste persone dovevano affrontare quotidianamente.. Proprio
questi semplici movimenti saranno negli anni a seguire le sue più grandi
conquiste. Quello che prima era scontato ora diventa un obiettivo, ciò a
cui non si dava peso si trasforma in gioia. Il
campione di vita che c’è in lui gli dà la forza di trasformare
l’incubo in cui si ritrova e iniziare una nuova vita. Finisce
gli studi superiori e inizia giurisprudenza. In 4 anni si laurea e dopo i
necessari step, tirocinio ed esame di stato, eccolo avvocato a tutti gli
effetti. Nel frattempo, mese dopo mese, conquista nuovi piccoli movimenti
degli arti. La flessione parziale di un dito o la contrazione di un
addominale sono emozioni immense. In
questo cammino lo sport non lo abbandona mai. Proprio il nuoto, suo punto
debole fino a pochi mesi prima, diventa la sua arma segreta. Inizia
a muoversi in acqua ogni giorno, poi passa a nuotare fino ad arrivare ad
allenarsi. 7 giorni su 7 lo si trova in piscina. Inevitabile
che nel 1984 alla terza edizione delle Paralimpiadi, non solo si ritrovi
con la maglia azzurra, ma torni addirittura in patria con ben 3 ori e due
argenti al collo. Non
resta questa la sola esperienza olimpica né la sola scorpacciata di
medaglie. Infatti negli anni a seguire colleziona ben altre 3
partecipazioni paralimpiche, con un bottino totale di 8 ori, 7 argenti e 3
bronzi. Quel
nuoto che gli aveva tolto tanti successi nel pentathlon gli ha ridato vita
e gloria. Nel
frattempo, professionalmente, veste il ruolo del sindacalista. Nel
1996, anno in cui appende la cuffia al chiodo, viene nominato
vicepresidente nella federazione italiana sport disabili. Quattro anni più
tardi ne ricopre la carica di presidente. Nel
2003 grazie a infinite pressioni, riesce a far nascere per legge il
Comitato Italiano Paralimpico, del quale nel 2005 gli viene riconfermata
la presidenza. Nel
maggio Il
21
settembre 2006
tutta l’Italia ne sente parlare. A seguito delle dimissioni di Guido
Rossi, viene infatti nominato commissario
straordinario della Federazione
Italiana Giuoco Calcio (FIGC). Attualmente
vive sulla sedia a rotelle, ma ogni giorno si allena per qualche centinaia
di metri utilizzando le proprie gambe, coadiuvato dalle o indispensabili
stampelle. Sono
infatti molti i muscoli del corpo di Luca che ancora non hanno ripreso a
funzionare, tra cui gran parte degli addominali. Nonostante
questo di strada ne ha fatta tanta e non sembra intenzionato a fermarsi. Più
che la storia di un grande uomo direi si tratti del racconto di un grande
atleta, che di fronte alle più grandi difficoltà ha voluto restare
fedele alla propria anima piuttosto che arrendersi all’evidenza
scontata. Solo
quando si crede di aver perso tutto è il momento in cui si inizia ad
avere. Andrea Valentini |